Alessandro Mendini aveva senza dubbio colto nel segno: gli architetti sono figure incredibilmente poliedriche.
Studiano arte e disegnano case, si interessano di digital e tecnologia ma allo stesso tempo amano la carta e i racconti ricchi di poesia: un’eterna ricerca, che però permette loro, a nostra detta solo a quelli bravi, di non rimanere incastrati in un unico ruolo.
Noi, lungi dall’autocelebrarci, ci sentiamo un po’ così: architetti un po’ tutto e niente. E forse questo è un bene, a differenza di come la pensavamo tempo fa.
Viaggiamo con la curiosità di un architetto, guardiamo le sfilate con gli occhi di quella bambina che è dentro di noi che dice “da grande voglio fare la stilista”, ci interessiamo di grafica con quel fare un po’ da nerd e andiamo in giro con un taccuino in borsa sul quale appuntarci le cose a matita.
La nostra laurea dice una cosa. Noi ne vogliamo raccontare altre cento.
A questa nostra volontà va aggiunta la consapevolezza di navigare in un mare immenso, percorso da tante correnti: un oceano, quello del design. All’occorrenza siamo certe però anche di riuscire ad andare in profondità in qualsiasi punto, perchè questi anni ci hanno dato gli strumenti e soprattutto una forma mentis per farlo.
“Io non sono un architetto, sono un drago!”